IMMAGINI DAL SOTTOSUOLO: ANGELO MARCUCCIO

Pubblicato il 3 luglio 2023 alle ore 11:00

Presentiamo una rubrica indipendente con l'obiettivo di dare spazio a giovani artisti e artiste della scena contemporanea fuori dagli spazi della storicizzazione. Il riferimento al romanzo di Dostoevskij serve a riportare alla luce la coscienza dell'esistenza di un mondo underground, fatto di mormorii e percezioni che passano in sordina nel contesto mainstream della società e anche nel panorama artistico.

 

È una calda mattina di giugno, il sole inonda il quartiere di Brera e dal cemento sale l'afa. In un piccolo café poco distante dall'Accademia, incontriamo il giovane artista leccese Angelo Marcuccio. Poliedrico, trasgressivo, audace, indefinibile: non ci sono parole adatte per descrivere la sua figura; in modo molto dannunziano, Marcuccio stesso vive la sua vita come un'opera d'arte senza rimorsi o pentimenti di qualsivoglia genere.

 

Allora, Angelo, non è la prima volta che hai a che fare con la stampa. Ci racconti della volta che hai fatto esperienza di un incontro ravvicinato con la fama del giornalismo?

È sempre ricorrente l'effimero, sostanzialmente in quello che sono queste azioni non c'è altro che un ambito quasi ludico, di scherno e quindi di fare satira su un sistema che nello specifico caso di Nardò non è altro che un sistema in cui l'arte non esiste davvero. Al comune di Nardò hanno installato questa scultura di Isaia Zilli che costò  circa € 39.900 ed è un toro in bronzo , con gli attributi ma senza pene. Quindi mi sono divertito a creare questa struttura in filo spinato, carta e colla vinilica, un fallo proporzionato al toro, ovviamente non è stato vandalismo vero e proprio perché non ho intaccato la struttura del toro in sé. Tuttavia, per il comune e il sindaco è diventata l'occasione di prendere coscienza dell'efficienza dei sistemi di sorveglianza senza considerare l'elemento artistico. Dalla mia potrei dire di aver vissuto quei quindici minuti di gloria di cui anche Warhol parlava e automaticamente si è innescato il ciclo del gossip, sono stato anche intervistato e fortunatamente sono riuscito a spiegare quali fossero le mie reali intenzioni. Sono riuscito ad avvallare quello che per me è l'aiemismo, cioè fare arte in modo effimero: pensare alla società che non merita nulla se non la fallacità.

 

Sinistra: Angelo Marcuccio, B is B W is W B is W, smalti su juta grezza

Destra: Angelo Marcuccio, Così sto meglio, smalti e oilbar su juta grezza

Courtesy Angelo Marcuccio

 

A tal proposito, parlaci del manifesto aiemista che è una chiara ispirazione al Dada di Tristan Tzara.

Credo che ci sia alla base la ridondanza storica per cui, a loro tempo, i dadaisti non cercassero di fronteggiare i futuristi che avevano come base la politica, bensì predicavano l'essere effimeri, satirici al di là di una situazione completamente catastrofica. L'aiemismo non è altro che questo, ovvero un manifesto che ancora non ha altri aderenti però credo che non sia un manifesto che diventerà mai un movimento, essendo l'aiemismo un manifesto individuale e individualista. Non fa altro che riportare quello che io segno sul supporto con l'effimeratezza del segno grafico, profili, forme che ciò che hanno di bello è l'apparenza estetica; possiamo paragonarle al lavoro grafico fatto con Photoshop e Illustrator, ma hanno al loro interno la compagine del mondo aiemista. Infatti, nel manifesto, rispetto a quelli che sono i punti chiavi al di là rispetto all'utilizzo di materiali grezzi, una delle postille effettive dice che ogni elemento sul supporto non è altro che un elemento di natura enciclopedica. Esiste un'enciclopedia aiemista in cui vado a inserire ogni oggetto che ho rappresentato su tutte le tele che ho realizzato e questa è una parte che, secondo me, riesce ad archiviare il lavoro stesso. Rispetto poi a quello che sostanzialmente è l'aiemismo, posso dire che non è altro che qualcosa che si rapporta al periodo del presente storico. Il manifesto l'ho scritto nel 2022, frutto di un lavoro partito nel periodo della pandemia, e credo che noi meritiamo l'effimero, non abbiamo bisogno di concettualismi: non abbiamo bisogno di nulla. La nostra società è estremamente impegnata a categorizzarsi e perde completamente la sua essenza, l'aiemismo è un modo per dire "Io sono" rispetto al mondo attorno. è anche un sistema per combattere anche il mio imbarazzo dello stare al mondo.

 

Per il manifesto aiemista ti sei ispirato a Tzara, ma cosa ti ha portato a definirti aiemista invece di dadaista?

Con il Dadaismo e in seguito il New Dada c'era comunque la necessità di dover seguire delle regole che io non mi sono imposto da solo. Quindi il regolarsi automaticamente rispetto a quello che ha partorito una mente nel 1918 e non credevo fosse più attuale, o almeno non totalmente. Il Dadaismo l'ho apprezzato tanto come movimento e manifesto, ma credo che sia stata la compagine di esagerazioni effettive ad avermi condotto a fare dei passi indietro. 

 

Sinistra: Angelo Marcuccio, Aiemismo's Mountains, smalti su juta grezza

Destra: Angelo Marcuccio, The great beauty I, smalti su juta grezza

Courtesy Angelo Marcuccio

 

Gli ultimi punti del manifesto aiemista parlano dell'utilizzo di materiali molto grezzi, quasi da considerarsi povero, anche legati molto ai prodotti industriali: sono cose che si trovano in negozi di bricolage. Riguarda sempre l'idea dell'effimero, ovvero che questi materiali essendo a basso costo sono destinati a mantenersi poco?

Credo che in sostanza riguardi il mettere al centro l'idea che tutti potremmo avere un prodotto facilmente acquistabile e che quest'ultimo possa generare arte. Automaticamente trovo fondamentale dire che la riproduzione delle immagini, che non sono assolutamente di natura pop, mi dà la possibilità di mettere al centro il prodotto e l'opera stessa come prodotto. Non c'è nulla di diverso tra una mia tela e una tela che si può comprare in un negozio di bricolage: è povero riproducibile.

 

Il tuo stile pittorico è molto simile alle stampe grafiche dei manifesti dei Roaring Twenties, la prima volta che abbiamo visto le tue creazioni li abbiamo definiti come uno stile da manifesto sovietico.

Rispetto a questo, ho le mie ricerche rispetto al mondo della grafica ma potrei dire che l'incontro di svolta è stato con Roman Cieslewicz, grafico e artista polacco, che con le sue immagini è riuscito a portarmi a realizzare che si possa fare arte anche con la grafica. È stato anche che l'aiuto necessario per vederla anche in chiave pittorica, cioè riuscire ad avere le stesse identiche possibilità della grafica digitale ma con il pennello. È la dimensione effettiva dell'opera che esce dallo spazio come se fosse il lay out di una pagina che si può creare su Illustrator.

 

Tuttavia, il tuo percorso non è iniziato con l'arte, ci sei arrivato da molto lontano.

Su un livello accademico, assolutamente sì. Dipingo da nove anni e non ho mai abbandonato questa verve, anche se dopo il liceo, mi sono dato alle Scienze Politiche all'università di Bologna, come carriera universitaria. A un certo punto, non avendo mai abbandonato la pittura, sono ritornato a Lecce e ho aperto uno spazio, un po' bar e un po' galleria dove mi sentivo libero di poter esporre il mio processo creativo. Ho ospitato anche altri artisti, era diventata una galleria d'arte vera e proprio, purtroppo con il COVID-19 si sono create delle dinamiche che m hanno portato alla chiusura. Da Lecce sono partito per Milano, ho accettato il gioco di creare un linguaggio da mostrare anche a un pubblico attraverso un rapporto diretto.

Ti senti che sei nato pittore o lo sei diventato?

Sono nato con l'arte, mio padre è stato un gallerista e mercante d'arte. quindi ci sono nato proprio in mezzo, oltre ad avere avuto anche dei bei rapporti e conversazioni con tanti artisti, grazie a mio padre. Forse è stato questo che mi ha portato a entrare a contatto con questa realtà. Ad esempio, Elio Marchegiani è stato una figura chiave per la mia produzione artistica. Tre anni mi sono sentito con lui telefonicamente, dato che eravamo nel pieno della pandemia, e gli ho mostrato il mio lavoro in videochiamata. Al tempo producevo circa trenta pezzi al giorno e Marchegiani mi ha detto una cosa sorprendente: "Distruggi tutto e fai qualcosa." Sono rimasto stordito dalle parole, ma sono arrivato a una certa consapevolezza: si può pensare di essere dei pittori, ma essenzialmente, se non si ha dietro un determinato background, la completezza non sta in nient'altro che nel conoscere a tutto tondo quello che lo ha anticipato, per cercare di migliorare il proprio lavoro. 

 

 

Sinistra: Angelo Marcuccio, F.F, smalti su juta grezza

Destra: Angelo Marcuccio, A lezione di ippica I, smalti su tela di juta grezza

Courtesy Angelo Marcuccio

 

Angelo Marcuccio, Fig. ?, smalti su tela di juta grezza

Courtesy Angelo Marcuccio

 

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