Il giorno 24 Gennaio 2024 ha inaugurato presso la galleria Francesca Minini di Milano la mostra personale dell’artista Matthias Bitzer dal titolo “Canary Chorus”. Quello che viene presentato al pubblico nel percorso espositivo è un vero e proprio viaggio attraverso la twilight zone tra la vita e la morte, tra l’inizio e la fine.
Exhibition view. Courtesy the Artist and Francesca Minini, Milano. Ph. Andrea Rossetti
Nell’immaginario collettivo è il canto del cigno a segnare il sublime atto del lasciarsi andare verso la fine dell’esistenza, anche se è una leggenda popolare che addirittura Platone, nel Fedone attraverso il dialogo tra Simmia e Socrate, critica nella sua natura di essere un’illusione di per rincuorare gli uomini e rassicurarli dalla loro naturale paura della morte.
“οἱ δ' ἄνθρωποι διὰ τὸ αὑτῶν δέος τοῦ θανάτου καὶ τῶν κύκνων καταψεύδονται, καί φασιν αὐτοὺς θρηνοῦντας τὸν θάνατον ὑπὸ λύπης ἐξᾴδειν, καὶ οὐ λογίζονται ὅτι οὐδὲν ὄρνεον ᾄδει ὅταν πεινῇ ἢ ῥιγῷ ἤ τινα ἄλλην λύπην λυπῆται, οὐδὲ αὐτὴ ἥ τε ἀηδὼν καὶ χελιδὼν καὶ ὁ ἔποψ, ἃ δή φασι διὰ λύπην θρηνοῦντα ᾄδειν. ἀλλ' οὔτε ταῦτά μοι φαίνεται λυπούμενα ᾄδειν οὔτε οἱ κύκνοι, ἀλλ' ἅτε οἶμαι τοῦ Ἀπόλλωνος ὄντες, μαντικοί τέ εἰσι καὶ προειδότες τὰ ἐν Ἅιδου ἀγαθὰ ᾄδουσι καὶ τέρπονται ἐκείνην τὴν ἡμέραν διαφερόντως ἢ ἐν τῷ ἔμπροσθεν χρόνῳ.”
(Platone, Fedone, 84e-85b, pp. 154-155, I classici del pensiero, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2008. Traduzione: “Vero è che per ciò che gli uomini hanno paura erssi della morte, dicono le bugie fin sul conto dei cigni, spacciando ch’eglino son presi da tristezza, appressandosi, l’ora della morte; e che però cantano dal dolore; e non considerano che niuno è degli uccelli, il quale canti quando lo punga fame o freddo, o lo molesti alcun altro male: neanche l’usignolo medesimo, né la rondine, né l’upupa; i quali, quando cantano, così dice la gente, piangono; ma al mio parere né questi uccelli cantano per fare dolore o lamento, e neanco i cigni; ma egli è che essendo i cigni tutta cosa d’Apollo, sono indovini; e avendo in visione i beni dell’Ade, nel giorno di loro morte cantano soavemente, e fanno festa e allegrezza più dell’usato.”)
Exhibition view. Courtesy the Artist and Francesca Minini, Milano. Ph. Andrea Rossetti
L’illusione per rifugiarsi dalla caducità dell’esistenza precaria è una componente innata dello spirito umano, tant’è vero che il pensiero classico di Platone torna anche nella poesia del Cinquecento in pieno Rinascimento. Tuttavia, se Platone attraverso le parole di Socrate sottolinea la metafora del canto del cigno come una menzogna a cui l’uomo fa affidamento, poeti e musici cinquecenteschi sfruttano questa figura come simbolo della natura umana e della sua essenza.
Un esempio di questi è il madrigale a quattro voci composto dal madrigalista Jacques Arcadelt sui versi scritti da Giovanni Guidiccioni, nonostante l’iniziale attribuzione al condottiero Alfonso III d’Avalos, poeta per diletto. La composizione poetica del madrigale Il bianco et dolce cigno all’apparenza può risultare alquanto semplice; tuttavia, cela l’intimo significato della beatitudine e della serenità che l’uomo raggiunge innanzi alla morte, grazie alla bellezza dell’ultimo canto del cigno.
“Il bianco e dolce cigno
Cantando more,
Et io piangendo
giungo al fin del viver mio.
Strana e diversa sorte!
Ch’ei more sconsolato,
Et io moro beato.
Morte che nel morire
M’empie di gioia tutto e di desire.
Se nel morir altro dolor non sento,
Di mille morti il dì sarei contento.”
(J. Arcadelt, G. Guidiccioni, Il bianco et dolce cigno da Il primo libro di Madrigali, Venecia, 1539, Universidad de Málaga)
Matthias Bitzer, Vigilia, 2024, Acrylic on canvas, pins, balls.
Courtesy the Artist and Francesca Minini, Milano. Ph. Andrea Rossetti
Il simbolo del cigno come limite tra la vita e la morte viene sostituito con il canarino nel percorso espositivo di Matthias Bitzer, allestito presso la Galleria Francesca Minini di Milano. Qui l’allegoria del canarino e del suo canto vengono interpretate come una melodia che si fa sempre più flebile, fino a diventare un silenzio assoluto.
Le opere selezionate per la mostra Canary Chorus mettono il pubblico nella condizione di riflettersi in questo stato di precarietà, essendo la massima essenza della vita umana, l’eterna fuga dalla fine del Tutto. La questione del riflesso viene affrontata dall’artista in senso letterale, con delle pitture che si possono definire interattive: il pubblico attraverso lo specchio riconosce l’opera e riconosce se stesso. Nonostante il significato dello specchio in senso letterale, Bitzer porta la questione anche su un piano metaforico. È il caso di Teich ohne Echo, pittura ad acrilico che ritrae un volto con lo sguardo rivolto verso il basso e dai cui occhi partono dei fasci di colore giallo, come dei fasci di luce, che spezzano la quarta parete della piattezza della tela.
“L’essere umano vive una vita talmente breve da illudersi che la realtà possa essere regolata e stabilizzata. Ha bisogno di tracciare e determinare bordi, ma è in grado di farlo solo ridefinendoli di continuo. L’aspirazione a determinare un ordine, che sia definitivo per più di un momento, ci mostra quanto sia facile ingannare gli uomini, e come essi stessi si autoingannino.”
(Dal comunicato stampa a cura di Francesco Scalas, Matthias Bitzer. Canary Chorus, Galleria Francesca Minini, Milano)
Matthias Bitzer, Teich ohne Echo, Acrylic on canvas, wooden painted panel, artist frame.
Courtesy the Artist and Francesca Minini, Milano. Ph. Andrea Rossetti
I bordi immaginari di cui parla Francesco Scalas sono quelli che vengono spezzati nella tela Teich ohne Echo, che dal tedesco si traduce letteralmente come Stagno senza eco. L’eco a cui fa riferimento il titolo dell’opera di Matthias Bitzer è il riflesso che si perde, come un Narciso che non vede se stesso nel fondo dello stagno, ma solo il baratro oscuro che tra poco lo accoglierà per sempre.
Uno dei modi con cui l’uomo può fuggire dal suo stato di finitezza è attraverso la bellezza eterna delle arti, l’unica cosa che segna la traccia del passaggio della vita su questa terra. La fuga continua e frenetica della razza umana viene fermata dall’intervento d’artista di Bitzer, invitando il suo pubblico a fermarsi e ammirare la bellezza che lo circonda, anche prendendo in confidenza con la morte, guardando il proprio riflesso nello specchio.
D’altro canto, anche Cesare Pavese lo dice: “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”.
S. F. C.
Matthias Bitzer
Canary Chorus
Galleria Francesca Minini, Via Massimiano 25, Milano
25 Gennaio – 9 Marzo 2024
PHOTO GALLERY
Matthias Bitzer, Hope, 2023, Pencil on paper.
Courtesy the Artist and Francesca Minini, Milano. Ph. Andrea Rossetti
Exhibition view. Courtesy the Artist and Francesca Minini, Milano. Ph. Andrea Rossetti
Matthias Bitzer, Teich ohne Echo, Acrylic on canvas, wooden painted panel, artist frame.
Courtesy the Artist and Francesca Minini, Milano. Ph. Andrea Rossetti
Exhibition view. Courtesy the Artist and Francesca Minini, Milano. Ph. Andrea Rossetti
Matthias Bitzer, Vigilia, 2024, Acrylic on canvas, pins, balls (detail).
Courtesy the Artist and Francesca Minini, Milano. Ph. Andrea Rossetti
Exhibition view. Courtesy the Artist and Francesca Minini, Milano. Ph. Andrea Rossetti
Exhibition view. Courtesy the Artist and Francesca Minini, Milano. Ph. Andrea Rossetti
Exhibition view. Courtesy the Artist and Francesca Minini, Milano. Ph. Andrea Rossetti
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