I TESORI DI BRERA vol. II

Pubblicato il 26 giugno 2023 alle ore 19:29

La rubrica vuole proporsi come una piccola guida per comprendere meglio i capolavori dell'arte, custodita in una delle istituzioni più importanti nella città di Milano, la Pinacoteca di Brera

Continuiamo a scoprire insieme gli spazi della Pinacoteca di Brera. Oggi parliamo di punti di vista e degli incastri tra i corridoi che rendono il labirinto del percorso espositivo un'esperienza unica, senza aver bisogno del filo di Arianna. Dopo la cupezza intima delle sale dei maestri del '600, entriamo nella sala XXXIV e davanti a noi troviamo due pale d'altare di Giuseppe Bottani e Pompeo Batoni, per la precisione Partenza di Santa Paola romana per la Terra Santa e Madonna con il Bambino e i Santi Giuseppe e Zaccaria, Elisabetta e Giovannino.

Queste due pale sono simbolo di nascita spirituale. A destra, la pala del Batoni raffigura l'adorazione di Gesù bambino da parte di Zaccaria, Elisabetta e Giovanni, cugini del Cristo. A lato, c'è San Giuseppe, il padre putativo riconoscibile dal bastone fiorito, episodio del miracolo legato allo sposalizio della Vergine Maria e Giuseppe descritto nei Vangeli Apocrifi.

 

Pompeo Batoni, Madonna con il Bambino e i Santi Giuseppe e Zaccaria, Elisabetta e Giovannino, 1738-1740, olio su tela

Courtesy Pinacoteca di Brera

 

Nel Nuovo Testamento della Bibbia, l'annunciazione dell'arcangelo Gabriele a Maria viene preceduta dall'annuncio della nascita di San Giovanni Battista a Zaccaria ed Elisabetta, coppia ormai anziana che non è riuscita a mettere al mondo un figlio. L'angelo messaggero Gabriele porta la novella ai genitori in due momenti separati e la venuta al mondo di Giovanni prima di Gesù ha un significato simbolico. Giovanni crescendo diventerà il Battista e sarà lui a battezzare il Cristo nelle acque del fiume Giordano ed è lo stesso Giovanni che è la "voce che grida nel deserto", come viene descritta nei Vangeli, e che invita a prepararsi alla venuta del Messia, il Figlio di Dio. Per questo motivo, Elisabetta è seduta ai piedi di Maria e indica al figlio Giovanni il bambino di Maria, come Messia e uomo che lui avrà il compito di annunciare e battezzare. Il nome Giovanni, infatti, in lingua ebraica è scritto יוֹחָנָן e significa Dio ha favorito, segno della nascita benedetta e soprattutto perché all'erede del sacerdote Zaccaria è stato affidato il ruolo di predicatore e annunciatore della venuta di Cristo in mezzo agli uomini. Tutti, nell'Antico e del Nuovo Testamento, si preparano alla nascita del Re dei Re. Lo stesso Isaia, nelle cronache veterotestamentarie, parla della voce di Giovanni che grida nel deserto:

«Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!».

Ai piedi di Elisabetta, c'è il bastone di Giovanni, simbolo del pastore che guida il gregge.

A sinistra della sala, la pala del Bottani ritrae la partenza di Santa Paola romana per il pellegrinaggio in Terra Santa, dove rimarrà fino alla fine dei suoi giorni morendo a Betlemme nel 407 d.C. circa. Santa Paola romana è discendente di due delle più importanti famiglie patrizie della Roma Imperiale, dedica il suo tempo e la sua casa dopo il matrimonio a incontri di preghiera e veri e propri incontri di discussione e approfondimenti sulla dottrina cristiana. La sua vita è strettamente intrecciata a quella di San Girolamo che, una volta ritornato a Roma da Antiochia, ha il compito di rivedere e riscrivere i testi sacri in latino. A dargli una mano è proprio Paola, nobildonna patrizia e per questo colta e istruita nella conoscenza del greco oltre al latino.

 

Giuseppe Bottani, Partenza di Santa Paola romana per la Terra Santa, 1745, olio su tela

Courtesy Pinacoteca di Brera

 

In momenti diversi, si recano entrambi in terra di Palestina a condurre una vita ascetica e povera, fatta solo di preghiera e studio delle Sacre Scritture. È grazie al lavoro di Paola e Girolamo che esistono delle trascrizioni corrette in latino, visto che la scrittura originale dei Vangeli era in greco antico, lingua franca della parte orientale dell'Impero Romano. Queste due pale d'altare sono caratterizzate, oltre che dall'imponenza, anche dalla brillantezza dei pigmenti, la luce piena sullo sfondo che suggerisce un'ambientazione serena.

In prospettiva, oltre la sala XXXIV, alla fine del corridoio nella sala XXXVII si vede la tela di Giuseppe Molteni, La derelitta (La morte del bambino), esempio della scuola romantica lombarda.

Nel volto della madre ritratta da Molteni, si legge la sofferenza di una donna che ha perso il figlio, di cui si vede la piccola bara in penombra nella parte sinistra del quadro. Un'impercettibile lacrima le scivola sulla guancia, con gli occhi lucidi e rivolti al cielo. Abbandonata al muro, stringe tra le mani una coroncina di fiori intrecciata per l'infante. Appesi alla parete, ci sono un cero pasquale spento e un ramoscello d'ulivo, probabilmente è appena passata la Domenica delle Palme e siamo nel periodo del triduo pasquale.

Possiamo leggere nel quadro del Molteni, una rilettura sociale del Venerdì Santo, giorno che corrisponde alla morte di Cristo sulla Croce. Solo che in questo caso, la morte è quella di un bambino in fasce che non tornerà alla vita dopo tre giorni. La tela è datata 1845, i dati Istat parlano di 399.505 casi di morti in culla, avvenute solo in un anno, nel 1887. Complici di questa spiacevole situazione tra il XVIII e il XIX secolo, che nel tempo è assai migliorata, sono la povertà, l'igiene scarsa anche tra i medici e il dilagare di infezioni, malattie virali ed epidemie.

Quelli in cui Molteni dipinge, sono gli anni del Risorgimento, dei moti di ribellione per unire l'Italia e strappare il Lombardo-Veneto dall'Impero Austro-ungarico che, fino al 1866 ha pesato economicamente su questa regione, portando gli strati più popolari e precari ad una condizione di vita disumana.

S. F. C

 

Giuseppe Molteni, La derelitta (La morte del bimbo), 1845, olio su tela

Courtesy Pinacoteca di Brera

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